"Carta, ferro, cemento" (CFC) è uno slogan che sintetizza le varie fasi della realizzazione delle reti di trasporto, in particolare quando si tratta di potenziare infrastrutture esistenti. Il CFC costituisce per gli amministratori un paradigma finalizzato a massimizzare la resa di un investimento pubblico nel TPL; analizziamo in dettaglio le tre fasi, aiutandoci con esempi tratti da diverse realtà a noi vicine.
La carta è la fase di studio, ipotesi e valutazioni; deve essere necessariamente la prima, non solo in ordine cronologico ma anche e soprattutto in termini di importanza; anche se il volume di affari in termini monetari è probabilmente inferiore a quello generato dalla fase costruttiva/edilizia, è qui, nella pianificazione preliminare, che il soggetto promotore deve investire una buona parte dell'attenzione di cui dispone, arrivando a definire correttamente gli obiettivi e la strada per raggiungerli.
In questa fase rientrano tutti gli interventi che potremmo definire di carattere "teorico" o preparatorio, come ad esempio lo studio dei flussi di trasporto e della domanda di mobilità, la valutazione delle possibilità tecnologiche del momento, le simulazioni sui modelli di servizio e gestionali, le proiezioni future a vario termine. È questo il momento in cui si misura "chi deve andare dove" e si valutano diversi gradi e tipologie di intervento per soddisfare al meglio la domanda prevista, ogni alternativa adeguatamente corredata di una precisa analisi costi/benefici.
Nel caso di infrastrutture esistenti, potendo partire da una realtà esistente e ben conosciuta, il lavoro risulta semplificato, consistendo principalmente nell'analisi delle criticità e delle varie misure sia correttive che di potenziamento.
Al termine di questa fase devono tassativamente considerarsi conclusi tutti i processi decisionali, almeno fino ad un certo livello di dettaglio; il promotore deve possedere una mappa completa degli obiettivi di servizio da raggiungere e degli interventi previsti identificati da costo e priorità.
Secondo i principi della buona pianificazione, non è accettabile che si arrivi alla fase di progettazione preliminare o di appalto di una infrastruttura senza avere una idea chiara e definita di quali saranno i servizi per il cittadino alla fine dei lavori; inoltre la presenza di uno studio serio sulla domanda di mobilità a breve e medio termine esclude che in corso d'opera possano esserci rilevanti e ripetuti stravolgimenti nei progetti di acquisto o costruzione: significherebbe che gli interventi previsti non sono correlati alle reali esigenze del territorio, cioè che la pianificazione è stata casuale o approssimativa - con ciò compromettendo già in partenza la reale efficacia degli investimenti.
Inoltre non solo la fase "carta" è da ritenersi la più importante delle tre, ma è necessario evidenziare che si tratta dell'unica fase realmente necessaria: in determinati contesti è possibile ottenere significativi miglioramenti nel servizio solo con interventi riorganizzativi, o, in altre parole, non è sempre necessario procedere a nuove costruzioni o grandi investimenti per ottenere dei risultati. Un esempio chiarissimo viene da una situazione tipica del TPL veneto: gli autobus che pur fermando presso le stazioni non sono in coincidenza con l'arrivo dei treni. Questa mancanza di pianificazione aumenta i tempi di percorrenza complessivi e scoraggia i viaggiatori, col risultato che molti preferiscono l'automobile, con i costi sociali che tutti conosciamo. A volte un semplice coordinamento degli orari di due aziende, a parità di offerta e quindi di investimento, risulterebbe in una maggiore competitività, e quindi redditività, del mezzo pubblico nel suo complesso. Una misura puramente organizzativa e quasi ...a costo quasi zero.
Appartengono alla "carta" anche gli investimenti in promozione del servizio e informazione alla cittadinanza. Ad esempio, la Regione Lombardia produce documenti e manifesti pubblicitari che spiegano i vari servizi di TPL, le offerte e l'estensione della rete, oltre ad avere un sito web che addirittura regala dei libri elettronici a tema ferroviario; la Regione Emilia-Romagna ha costruito un portale della mobilità regionale dotato di un "motore di ricerca per la mobilità" che contiene tutte le linee e gli orari regionali, dai treni agli autobus. In Veneto nonostante si parli di SFMR sulla stampa, di fatto non esiste niente di simile; le pagine web dedicate ai trasporti di Veneto e FVG contengono per lo più informazioni normative e burocratiche, ma nessun servizio interattivo.
Il progetto originario dell'SFMR costituiva comunque un discreto esempio di "carta", in quanto prevedeva in modo organico e particolareggiato una forte riorganizzazione di tutti i servizi di TPL, la ricostruzione degli orari ferroviari ed una serie di interventi infrastrutturali mirati. A distanza di un decennio dalla sua presentazione è ormai chiaro che per vari motivi la pratica non è stata all'altezza della teoria; e il fatto che ancora non sia definitiva la lista delle fermate (ad es. Ca' Solaro, Marocco...) fa sorgere qualche dubbio anche sulla solidità dell'impianto progettuale.
Il ferro è la seconda fase, e consiste principalmente nell'acquisto/ristrutturazione dei mezzi e in leggeri interventi alle infrastrutture, interventi comunque caratterizzati da costi contenuti e un impatto immediatamente percepibile sulla qualità del servizio. In questa fase rientrano, per esempio, la costruzione di nuovi raccordi e punti di incrocio, l'attivazione di nuove fermate tranviarie lungo percorsi esistenti, l'attivazione di piccole varianti, e in generale modifiche all'impiantistica per aumentare la frequenza, la sicurezza o la flessibilità del servizio.
Questi interventi, spesso eseguiti "d'istinto" dalle amministrazioni o realizzati al seguito dell'insorgere di problemi contingenti, dovrebbero invece essere accuratamente pianificati e valutati nella fase "carta", basandosi sugli studi relativi alla domanda attuale e potenziale, limitando poi al massimo deroghe e varianti. Non è comprensibile, ad esempio, come pur in presenza di un progetto coerente già approvato e in corso di realizzazione, la nuova giunta del Comune di Venezia abbia speso circa un anno e mezzo nel valutare fino a cinque diverse rilevanti modifiche al costruendo tracciato tranviario, per arrivare infine alla ...conferma delle scelte già operate (tunnel sotto la stazione, passaggio per San Giuliano, rotaie sul Ponte della Libertà).
Possiamo trovare moltissimi esempi di operazioni tipo "ferro" in Veneto: dall'elettrificazione della Bassano - Mestre alla riapertura della Linea dei Bivi, dalla costruzione di un punto di incrocio a Santa Croce del Lago alla nuova fermata (per treni e bus) di Gaggio Porta Est, oltre ovviamente ai numerosi interventi sui passaggi a livello e alle riqualificazioni edilizie delle stazioni.
Purtroppo la concretizzazione di questi investimenti ha ribaltato la giusta sequenza che avrebbe portato maggiori servizi a parità di investimenti: si è data la priorità al "ferro" senza aver concluso la fase della "carta". Si sono rialzati decine di marciapiedi senza portare gli autobus nelle stazioni; si sono costruiti sottopassaggi senza lavorare sull'integrazione tariffaria; si sono ordinati (tardi) 22 treni, da poco portati a 24, senza che esista pubblico un chiaro schema dei servizi a cui saranno destinati. Nel complesso l'investimento regionale non è stato indifferente, ma si sono privilegiati gli interventi secondari e più costosi: una stazione riqualificata con pochi treni è utile come una stazione decrepita con pochi treni, ma costa molto di più.
Infine va brevemente fatto notare che gli interventi non sono stati condotti in modo organico, ad esempio procedendo linea per linea, ma "a macchia di leopardo" su tutto il bacino metropolitano Pa-Tre-Ve, con il risultato che ci sono stazioni nuove, grandi e bellissime ma praticamente prive treni (Mestre Ospedale) e stazioni con due treni l'ora piene di turisti ma prive di pensiline, biglietteria o bar (Quarto d'Altino).
Un buon esempio di "carta e ferro" è ammirabile (e utilizzabile!) a Cividale del Friuli. La piccola linea Udine-Cividale è stata recentemente ristrutturata dalla Regione FVG, non solo nell'edilizia delle fermate, ma soprattutto negli orari e nell'integrazione con il tessuto circostante. Le corse sono regolari, cadenzate, un treno all'ora, con potenziamenti di un treno ogni mezz'ora nelle ore di punta e rinforzi nelle sere prefestive, perchè il trasporto pubblico non serve solo agli studenti privi di automobile, ma alla cittadinanza tutta, che magari la sera vuole andare al cinema o a cena fuori con gli amici. La stazione di Cividale concentra sotto una unica copertura la fermata del treno, degli autobus, il parcheggio e le rastrelliere per le biciclette; anche la biglietteria è unificata per ferrovie e autolinee, i cui orari ovviamente ovviamente sono coordinati a quelli del treno. Un monitor in stazione riporta gli orari e le coincidenze fra treni e autobus. Quanto costa un monitor rispetto al bilancio di una Regione, quanto tempo ci vuole ad installarlo? Poco, niente, eppure il valore aggiunto è enorme. Laddove l'istituzione si preoccupa di pianificare, organizzare e infine informare, il cittadino è messo in condizione di apprezzare la regolarità del servizio e programmare con facilità i propri spostamenti.
L'ultima fase è quella del cemento o "delle grandi opere". Qualora le infrastrutture del territorio si rivelassero inadeguate o mancanti nei confronti dei servizi desiderati, si rende necessario procedere con nuove costruzioni; è questa la fase più costosa ed impattante, ma anche quella maggiormente percepibile dalla popolazione. Inoltre l'infrastrutturazione di norma viene seguita dall'inaugurazione e l'apertura al pubblico, eventi che catturano preziosi spazi mediatici per i promotori dell'opera; questi due aspetti, insieme, possono facilmente trarre in inganno il cittadino, portandolo a credere che la cantierizzazione in sé costituisca il vero intervento portatore di sviluppo: niente di più falso, in quanto l'atto edificatorio deve essere solo l'ultima tappa di un processo meno visibile ma spesso ben più lungo ed impegnativo, ed a volte può non essere neppure necessaria, o addirittura rivelarsi controproducente se non adeguatamente integrata nel sistema esistente; pensiamo per esempio ad un nuovo casello che conduca direttamente verso un centro storico o una viabilità particolarmente debole.
L'esempio della Merano-Malles, una linea ferroviaria chiusa dalle FS e rinata ad opera della Provincia di Bolzano, dimostra che è possibile ricostruire da zero un servizio pubblico con ottimi risultati usando solo "carta e ferro": una felice pianificazione del TPL (orari e integrazione tariffaria) e il successivo acquisto di nuovi mezzi hanno fatto da soli il successo di questa linea secondaria ancora a binario unico. Solo adesso, con i servizi a regime, si inizia a parlare di lavori infrastrutturali pesanti - un chiaro segnale per quanti erroneamente pensano che qualunque potenziamento debba sempre partire dal raddoppio del binario.
Osservando l'evoluzione del progetto TAV a nordest si può vedere immediatamente quale sia il facile errore in cui si può cadere quando il promotore si concentra sul "cemento", sottovalutando (a volte grossolanamente) le prime due fasi, lo studio del sistema (carta) e la messa in opera di piccoli interventi mirati ed efficenti (ferro).
Con riferimento al nodo di Vicenza, probabilmente non è ancora chiaro quale sia il modello di servizio di cui ha bisogno la città, manca la "carta" che dovrebbe servire a determinare gli interventi successivi. E infatti, mentre si discuteva su dove piazzare il tracciato sulla cartina, non solo non si è intervenuti con altri interventi meno impegnativi (fase "ferro") ma il capoluogo berico ha visto progressivamente ridursi l'offerta di treni Regionali Veloci che fino a tutti gli anni '90 la collegavano in modo rapido (ed economico) con Milano, Verona, Venezia. L'eccessiva attenzione verso la fase costruttiva, vuoi perché più interessante per le aziende, vuoi perché portatrice di maggiore visibilità, ha finito col portare ad un peggioramento complessivo dei servizi disponibili. E la stessa costruzione della nuova linea, non supportata da adeguata preparazione pianificatoria, è rimasta ferma.
Lo stesso rischio che sta correndo l'altro grande progetto ferroviario a nordest, quello della nuova linea AV/AC Venezia - Trieste: un progetto che a parole si vorrebbe portare il prima possibile alla fase definitiva, nonostante risulti ampiamente carente proprio sul versante della pianificazione delle esigenze e dei servizi, mentre la linea storica non sta ricevendo i necessari investimenti.
Nonostante la mole di risorse già spese in discorsi e progetti, in entrambi i casi i cittadini non hanno ancora ricevuto beneficio alcuno, solo la vaga promessa che i risultati si vedranno "una volta finite le opere".
Per confronto, il sistema ferroviario lombardo fornisce un esempio di pesante infrastrutturazione: il Passante sotterraneo di Milano, le linee ad alta velocità per Torino, Bologna e Brescia, i raddoppi delle linee urbane... si potrebbe pensare che siano stati questi lavori a rendere possibile l'attivazione di tutti i nuovi servizi, a partire dalle popolari "linee S". In parte è vero; ma quello che non si vede è l'enorme lavoro di pianificazione iniziato ancora nel 1982 con il Piano Regionale dei Trasporti, un documento programmatico ufficiale che conteneva non solo le infrastrutture da costruire, ma anche e soprattutto il dettaglio dei servizi che vi si sarebbero svolti. Quasi ogni opera ferroviaria costruita in Lombardia negli ultimi anni ha seguito un disegno preciso; ad ogni completamento edilizio è seguita l'attivazione dei relativi servizi già pianificati, in modo da fornire ogni volta un miglioramento tangibile ai cittadini (il concetto delle "fasi funzionali" e non dei "lotti costruttivi"). Le nuove opere sono state inoltre progressivamente accompagnate da una decisa evoluzione sul fronte dell'integrazione tariffaria e del coordinamento fra vettori. Il miglioramento nel servizio di TPL è stato continuo e facilmente percepibile.
In Veneto invece una programmazione altrettanto efficace sembra mancare. Il Piano Regionale dei Trasporti esiste, ma in Regione non se ne parla mai, tutta l'attenzione mediatica essendo focalizzata sull'SFMR; il quale però si sta trasformando in una collezione disorganizzata di cantieri sparsi per il territorio, con un modello di servizio sempre più vago e lontano nel tempo. In questo contesto, la politica locale preme per le nuove linee AV/AC, procede in forte ritardo con l'acquisto e la messa in servizio dei nuovi treni, sembra abbia accantonato il progetto di coordinamento regionale ferro-gomma. Si vuole passare quanto prima al "cemento", senza aver ancora messo in opera il "ferro", e lasciando da parte la "carta". Ma se l'autobus o il treno non ci sono, al cittadino cosa importa del resto?
Inoltre sta diffondendosi il concetto (sbagliato!) che è bisogna in qualche modo aspettare che siano finiti tutti i cantieri del Veneto prima che un solo nuovo treno possa correre sui binari. Niente di più falso: pur con alcuni limiti, molte linee sono da anni già pronte ad accogliere un potenziamento dei servizi senza aspettare di aver rialzato tutti i marciapiedi. I servizi di autobus finanziati dalla Regione potrebbero già domani essere coordinati con il servizio ferroviario finanziato dalla Regione stessa, ma questo non accade. Si stanno ritardando sforzi e investimenti di media entità, ma che avrebbero immediatamente ricadute sul servizio offerto, in favore di altre spese più rilevanti che non modificano l'efficienza del TPL né la sua competitività.
Insomma, il nostro territorio è ricco di imprese costruttrici, ma sembra decisamente meno solido sul fronte della pianificazione pubblica. Sulla carta gli investimenti raggiungono cifre anche numericamente importanti, quello che manca è una reale capacità di governance che ne massimizzi l'efficacia, traducendo questi investimenti in servizi direttamente percepibili dalla società.
Altri esempi, italiani ed europei, potrebbero essere portati a testimoniare la validità della sequenza carta - ferro - cemento; è quotidianamente verificabile che ogniqualvolta si sia trascurata la fase progettuale-organizzativa in favore di quella realizzativa, i risultati non sono stati all'altezza delle promesse, finendo magari col produrre pochi o nulli benefici a fronte di investimenti anche ingenti. Il modello C-F-C costituisce sicuramente una best practice irrinunciabile per l'amministratore che voglia massimizzare l'efficienza di un progetto di TPL ed il suo positivo impatto sulla vita dei cittadini.
( Articolo originariamente apparso sulla rivista Effetto Magnete )