Una nuova moda sta emergendo nel mondo dei trasporti veneti: costruire stazioni in periferia da dedicare all'Alta Velocità. Nuovi impianti che sostituiscano le stazioni centrali, da relegare al ruolo di terminal regionali. Ma perchè? A vantaggio di chi?
Il termine TAV negli ultimi 15 anni ha assunto una connotazione radicalmente negativa, finendo per diventare un simbolo mediatico di spreco, malaffare e cattiva politica dei trasporti. Le ragioni non mancano: iniziato nel 1990-91, il progetto TAV doveva rappresentare la frontiera del trasporto pubblico italiano: treni ad alta velocità per connettere il Paese, con il vantaggio che le linee sarebbero state pagate all'80% da privati. Così si diceva; purtroppo i fatti sono andati ben diversamente. Mentre i progetti crescevano per costi e complessità, non una sola lira di capitale privato entrava nel bilancio, ed il conto (ancora da completare) è rimasto sempre tutto a carico dello Stato.
Buoni o cattivi che fossero i progetti, adesso l'Alta Velocità è in buona parte completata, funziona e trasporta passeggeri. Il conto purtroppo è salato, e logica vorrebbe che non si ripetessero più gli stessi errori in futuro. Ben vengano investimenti nel trasporto pubblico locale e nazionale, ma niente più gigantismo progettuale, niente più interventi che non siano davvero giustificati sotto il profilo della tecnica dei trasporti. Il Paese sta uscendo da una lunga crisi, gli investimenti pubblici possono essere uno stimolo ma è indispensabile che gli interventi siano precisi ed efficienti, e soprattutto, che si investa laddove davvero serve ai cittadini.
In Veneto questo messaggio non è stato colto. Anzi, si ha l'impressione di assistere ad una replica del passato: come se la crisi fosse stata solo una pausa, un momento nero per i costruttori, che ora però sono pronti a ricominciare come se fossimo ancora nel 1991. Sulle linee ormai si è fatto tanto e lo spazio per nuove realizzazioni è ridotto, gli occhi dei costruttori si posano ora sulle stazioni. E visto che le stazioni già esistono, se ne progettano di nuove in periferia: qualcosa bisognerà pur costruire, no?
Le proposte dei costruttori
Ha iniziato per prima la Camera di Commercio di Vicenza, con un progetto a firma dell'Ing. De Stavola, che come punto focale prevede la costruzione di una nuova grande stazione TAV in zona fiera. E fin qui, nulla di strano: una stazione in più a servizio della Fiera sarebbe cosa normale, ce l'hanno tante città, da Milano a Rimini, ed i treni vi fermano in occasione di eventi importanti.
Purtroppo c'è il trucco: il progetto De Stavola prevede non solo la stazione aggiuntiva, ma anche la demolizione della stazione attuale; il tutto per fare spazio ad una nuova strada di scorrimento a servizio della nuova stazione. E senza più la stazione in centro, per i treni regionali si progetta un nuovo terminal in zona tribunale (qui un riassunto).
L'effetto è potenzialmente disastroso: i treni AV fermerebbero lontano dal centro, i treni regionali fermerebbero lontano dal centro, ed i treni regionali fermerebbero in un posto diverso dai treni AV.
Inoltre, se si costruisse la nuova linea Verona - Padova usando la stazione attuale, i costi sarebbero "solamente" quelli della linea; con il progetto della Camera di Commercio bisogna aggiungere i costi di due stazioni completamente nuove, la demolizione dell'attuale, la costruzione della nuova viabilità di accesso per entrambi gli impianti, la costruzione di una linea di tram per collegare le due nuove stazioni; senza contare i costi indiretti derivanti dalle modifiche alla rete di trasporto pubblico che si troverebbe improvvisamente centrata sul nulla. Si sposterà in Fiera anche il terminal delle FTV? A che prezzo? E i vicentini che dicono?
I vicentini non sono stati interpellati: l'idea è stata presentata a porte chiuse al Sindaco Achille Variati (PD) che si è dichiarato entusiasta ed è corso a Roma a fare lobby per ottenere i finanziamenti. Il progetto preciso non è stato reso pubblico dal sindaco che finora ha preferito condurre una sorta di "trattativa privata" con il Ministero ed il progettista Italferr. A noi, che all'epoca abbiamo visto i disegni con tutti i loro errori, rispondono che nel frattempo ci sono stati non meglio precisati aggiornamenti.
A Venezia la soluzione è meno drammatica: SAVE, la società che gestisce l'aeroporto Marco Polo, non ha mai fatto mistero di volersi dotare di una stazione AV e spostare a Tessera (e non più a Venezia) la fermata della lunga percorrenza; fortunatamente non solo il Comune di Venezia si è sempre dichiarato fermamente contrario a sdoppiare le stazioni ma anche il gruppo FS si è limitato ad ipotizzare un economico collegamento "ad antenna" ben lontano dagli standard TAV. Eppure i comunicati di SAVE continuano a dire che "non vi sarebbe alcuno scandalo se la stazione di AV non coincidesse con la stazione tradizionale": certo che sarebbe scandaloso, ed il motivo dovrebbe essere ovvio a chiunque volesse fare un discorso serio di tecnica dei trasporti.
Ultimi in ordine cronologico, anche gli industriali di Padova sembrano aver fiutato l'affare, visto che sui giornali è comparsa una proposta molto simile: una nuova stazione AV in area San Lazzaro. Come nel caso di Vicenza, il progetto è pieno di "riqualificazioni": della stazione attuale, della viabilità, dell'urbanistica di San Lazzaro... non a caso sembra che i progettisti siano gli stessi, di nuovo supportati da Confindustria e Camera di Commercio.
Perchè non sono buoni progetti
Pur contenendo idee valide, così come sono stati proposti questi progetti di spostamento sono potenzialmente molto dannosi per diversi motivi.
Prima di tutto una questione di costi: ricostruire da zero un nodo dei trasporti è un'impresa costosissima. Non solo c'è l'edilizia della nuova stazione, ma c'è anche la viabilità, l'aggiunta di linee del trasporto pubblico, la costruzione di fabbricati di servizio... per una spesa di parecchi milioni di euro solo per espropri e progetti. Ne abbiamo proprio bisogno?
Seguono motivi di efficacia urbanistica e trasportistica: le stazioni sono al centro della città perchè sono utili lì in quella posizione; non solo sono baricentriche rispetto alla popolazione, ma nel corso degli anni la viabilità pubblica e privata si è sviluppata intorno ad esse. Oggi sono una decina le linee di autobus e tram che passano per la stazione di Padova, e se contiamo la nuova stazione centrale dei servizi extraurbani inaugurata pochi anni fa arriviamo a parecchie decine di linee: quanti servizi potranno mai passare per il quartiere di San Lazzaro, situato agli estremi nordorientali del territorio comunale? I nuovi progetti prevedono fantomatiche linee di filobus e tram per collegare le stazioni vecchie alle nuove, senza rendersi conto dell'assurdo paradosso: non solo si finanziano nuove linee su strada per collegare due stazioni ferroviarie, ma i nuovi collegamenti non servirebbero neppure se i progetti stessi non prevedessero la separazione delle stazioni.
Infine, una considerazione sul funzionamento della ferrovia: pretendere di decidere in anticipo dove fermeranno i treni, costruendo le infrastrutture in modo da non consentire alternative, è una strategia sciocca e decisamente controproducente. Il sistema diventa stupidamente rigido, e se la domanda di trasporto dovesse evolvere in modo diverso da quanto pianificato, si dovrà nuovamente intervenire sulla parte costruttiva, con nuovi costi. Dal punto di vista del costruttore la cosa ha una sua logica: dato che le stazioni centrali sono più appetibili dei nuovi progetti, è necessario eliminare i concorrenti; a Vicenza si progetta la demolizione della stazione attuale, per Padova si propongono dei "binari AV passanti" che attraversano la stazione esistente senza poter fermare. E se poi le cose non funzionassero, gli stessi costruttori sarebbero pronti a proporre altri progetti correttivi, con nuovi costi a carico della collettività. Per l'industriale è un affare sicuro. Dal punto di vista del cittadino però, in un'epoca in cui ci si sforza di aumentare l'integrazione dei diversi sistemi di trasporto, presentare dei progetti così pieni di vincoli e separazioni è pura follìa.
Le false argomentazioni
Vogliamo qui smentire una delle poche argomentazioni presentate dai sostenitori dei nuovi progetti, ovvero che le stazioni in periferia rappresenterebbero il nuovo standard europeo. Ciò è assolutamente falso. Limitandoci al caso italiano, le città servite da nuove linee e che possiedono una stazione periferica per la lunga percorrenza sono essenzialmente tre: Milano, Roma e Reggio Emilia. Nel caso di Milano e Roma non c'è stato nessuno spostamento di servizi, che continuano a raggiungere le stazioni storiche di Milano Centrale e Roma Termini; semplicemente, le due città sono grandi a sufficienza da offrire domanda per più fermate contemporaneamente. Ecco quindi che i treni fermano anche a Milano Garibaldi, Milano Rogoredo e Roma Tiburtina, in aggiunta - e non sostituzione - delle stazioni principali. A Reggio Emilia la stazione AV e la stazione storica non coincidono perchè la linea AV passa fuori città e non è connessa con la linea storica, situazione che non corrisponde a nessuno dei casi veneti.
Spesso si sente anche affermare la possibilità di gravi danni sociali ed economici in assenza dei nuovi grandi investimenti; leggiamo ad esempio nel caso di Padova: "spiegano gli industriali, il rischio è di relegare la città del Santo a un ruolo marginale, malgrado la posizione baricentrica nel corridoio Trieste-Torino-Lione e d'incrocio con quello Nord-Sud. Da qui il tentativo di salire in corsa - agganciando le risorse - su un treno che, seppur lentamente, è tornato a muoversi". Questa idea, neanche troppo sottintesa, che senza nuove opere faraoniche i treni smetteranno di fermare a Padova, è del tutto priva di fondamento. Non c'è nessun treno su cui dobbiamo salire in corsa, soprattutto non con progetti costosi e frettolosi preparati da privati: la stazione di Padova già esiste e la nuova linea Verona - Padova ci finirà dritta dentro, anche se non costruissimo niente.
Una proposta più ragionevole
Quello che contestiamo fermamente è la presunzione di voler distruggere buona parte dell'esistente per ricostruirlo in periferia a caro prezzo. Una idea di fondo dei vari progetti può invece essere recuperata: aggiungere stazioni a servizio del territorio, aumentando l'efficacia delle linee vecchie e nuove. Ben vengano le stazioni di Vicenza Fiera, Padova San Lazzaro e Venezia Aeroporto, come fermate aggiuntive, integrate alle linee ed alle stazioni esistenti.
Per Vicenza potrebbe essere copiato il modello già in uso a Milano e Rimini: due stazioni principali con fermata regolare dei treni AV (Milano Centrale e Rimini) e due stazioni dedicate alla fiera con fermata dei servizi regionali (Rho Fiera Milano e Rimini Fiera) e dimensionate per accogliere anche i treni AV in occasione dei grandi eventi. E se i servizi regionali fermassero sia a Vicenza Fiera che Vicenza Centrale, non servirebbero più nè il filobus nè la nuova strada di scorrimento veloce.
Nel caso di Padova, la fermata di San Lazzaro era già prevista per i servizi metropolitani, si tratterebbe solo di recuperare il progetto già esistente e costruire marciapiedi ed impianti: anche in questo caso, con un treno metropolitano ogni 10' in direzione Padova verrebbe meno l'esigenza di nuovi e costosi collegamenti via strada con la stazione attuale.
Infine, nel caso di Venezia gli studi del gruppo FS sembrano fortunatamente darci ragione, prevedendo una semplice diramazione dalla linea storica, senza nessuna pretesa di sostituire la stazione di Mestre.
Conclusioni
Alla luce di tutte le argomentazioni fin qui esposte, non solo ci piacerebbe che i progetti esistenti venissero opportunamente corretti, ma vorremmo che quanto prima si aprisse un dibattito pubblico, perchè opere con questi costi e questi impatti non possono eticamente essere progettate senza il coinvolgimento della cittadinanza. Quello di progettare le TAV a porte chiuse insieme ai costruttori era il metodo dell'ex Assessore Chisso e ci dispiace che il sindaco Variati (PD) abbia deciso di procedere allo stesso modo: onestà vorrebbe che presentasse pubblicamente i progetti completi prima di farseli approvare da Roma.